Divulgare sui social – Mammafrau

Mi chiamo Francesca, e fin dall’asilo eravamo sempre in troppe, così un’ amica al liceo mi ha chiamata Frau, e ha vinto tutto.

Sono una doula dal 2012, e di lì a poco ho co-fondato l’Associazione Mammadoula,  di cui sono Presidente. 

Lavoro con i genitori, più spesso con le madri, il mio compito può essere aiutarle a riconoscere quello che provano in un momento pieno di cambiamenti come quello che accompagna l’idea o l’arrivo di un figlio, cercare insieme a loro le informazioni o i professionisti, come magari l’ostetrica che possa seguire la gravidanza, di cui hanno bisogno, ascoltare, abbracciare, creare un piano del parto e del post, essere con la mamma mentre con le ostetriche   a volte cucinare un pranzo, magari stendere una lavatrice, offrire due braccia per i  bambini mentre loro si fanno una doccia o riposano, o magari passare la notte insieme ai piccini.  Per   il mio lavoro è prendermi cura di chi si prende cura,  perché  #PerPrendersiCuraBisognaRiceverne .

Non vendo consigli, e non “insegno” nulla: affianco le donne mentre si fanno un’idea raccogliendo informazioni  rispetto alle loro possibili scelte e sperimentano le loro modalità, aiuto a costruire una rete di supporto, cerco di fare in modo che quella persona, quel genitore, non si  senta sol* in quel  tùrbine di nuovi assestamenti. 

Il mio primo social è stato credo Facebook, non l’ho mai amato, mi sono iscritta controvoglia, era nato il mio primo figlio ed ero (e sono rimasta a lungo) l’unica che conoscessi ad avere avuto un bambino. Era diventato il luogo necessario per ritrovare la maggior parte delle mie amiche, e questa cosa la pativo un po’. Ero invece molto coinvolta da alcuni forum, nei quali si incontravano persone con vissuti simili, nascevano connessioni, conoscenze, il piacere di ritrovarsi. Ricordo bene la sensazione di novità, di apertura mentale, di quegli inizi quando gli account effettivamente avevano un volto, un numero di telefono, un indirizzo dal quale e per il quale partivano pacchetti, quei“click” illuminanti che ti  arrivavano dallo scambio, ai quali ancora ripenso a distanza di anni.

Dopo un po’ è arrivato Instagram, ed era moooolto meglio, le immagini raccontavano più delle parole e io lo usavo come un diario tenerello, scoprendo questa roba degli hashtag, sentendomi molto digital nell’ immancabile momento ‘tutti fotografi’,  nell’uso improbabile di molti Rise e Sutro, ma comunque allo stesso tempo, entusiasta per la lunga portata del contatto con persone affini, tipo le doule oltreoceano. 

Il mio uso dei social era prevalentemente romantico, mi ero chiamata “mammafrau”, raccoglievo immagini della nostra quotidianità familiare e genitoriale, e con il terzo pancione per un mio compleanno avevo anche aperto un piccolo blog pieno di biscotti e lavoretti. Pian piano però si è fatta strada l’idea di raccontare anche altro. Perché fondamentalmente, del lavoro della doula, non ne sapeva praticamene niente nessuno, e più mi esponevo più arrivavano domande, e allora pur senza un piano, ho iniziato a raccontare di più.

Ho iniziato a portare fuori le tematiche per me rilevanti, e l’intreccio di queste con l’incontro con le donne e le famiglie. Le nostre esperienze con i bambini che crescevano e di noi con loro, che risuonavano nei cambiamenti che in tanti e tante si trovavano a sperimentare.

Non posso dire che il mio sia un profilo professionale, ma forse nemmeno puramente personale. E’ un ibrido, racconta tante parti di me, perché separare i compartimenti non mi è mai riuscito. Il lavoro della doula è anche quello di portare a conoscenza informazioni ai genitori in modo che possano muoversi con sicurezza e trovare le proprie risorse, le proprie risposte: l’essere per natura una persona curiosa mi rende incline alle contaminazioni,  il mix a volte rischia di essere un po’caotico , ma è riuscito ad arrivare anche in profondità: attraverso un mezzo digitale, si sono creati incontri e legàmi reali e duraturi. Sono nate collaborazioni, e si sono potute raggiungere persone che prima, di quell’argomento, non avevano idea. Ci sono state donne che hanno ricevuto informazioni corrette sulla propria salute e grazie a queste hanno potuto indagare situazioni sospette che altrimenti avrebbero rimandato, perché così le avevano detto professionisti non aggiornati. Ci sono stati genitori che hanno partecipato a incontri che hanno cambiato la loro visione su quelli che fino a quel momento sentivano temi difficili. E questo per me è tantissimo.

In digitalese, sarei una nano-influencer, ovvero una persona con numeri contenuti, ma autentici e partecipati. Dalla mia community ricevo messaggi bellissimi, di condivisione, a volte di segnalazione di contenuti, domande, richieste d’aiuto, rimandi e riflessioni, con alcune ci scriviamo da anni, nel frattempo sono nati bambini, ricominciati lavori, volati traslochi, facciamo parte in qualche modo delle nostre reciproche vite, non credo sia azzardato dirlo, ho chiarissimi ricordi di situazioni che ho vissuto di cui quelle persone hanno fatto parte anche solo perché in quel momento mi è arrivato tra le mani un loro cuorino, e penso sia così anche per loro.

Ci tengo molto a tenere presente che siamo tutti influencer nelle nostre cerchie, pure senza smartphone. Il nostro interesse, il nostro impegno, il nostro lavoro, tutte le nostre scelte o non scelte, comunicano, ed hanno un significato, che ha degli effetti.  E’ reale nelle nostre case davanti ai nosti figli, è reale con le persone che ci conoscono, lo è nei nostri ambienti e lo diventa anche in quelli virtuali.

Mi rivolgo principalmente alle donne, e ai genitori: abbraccio spesso i temi relativi all’educazione e in questi rientra anche quella digitale, alla fruizione dei mezzi che abbiamo tra le mani ogni giorno, attraverso i quali possiamo trovare persone di riferimento per il nostro supporto, soluzioni pratiche e connessioni con gli altri, gli stessi mezzi che sono anche parte della vita dei nostri figli ma che hanno bisogno di un nostro consapevole acompagnamento.

Divulgare una professione d’aiuto via social è veloce, immediato, utile, ma ha delle ovvie limitazioni. Le persone possono capitare per caso sui tuoi contenuti e ricevere semplicemente un input, che per tante può fare un’enorme differenza. Ma è semplicemente un input, che poi va sviluppato correttamente (leggi accompagnato da step successivi) come per tutti gli strumenti dipende da come li usiamo, dalla nostra padronanza e da quella di chi ci legge.

Sono gli anni del dottor internet, e diciamolo, anche dei tassi alti di analfabetismo funzionale in parallelo con l’esplosione delle informazioni (di tutti i tipi) , il rischio che molte persone manchino di rivolgersi alle figure adeguate convinte di aver ricevuto tutto il necessario leggendo un post in alcuni casi è una certezza, da cui deriva una grande responsabilità, che dobbiamo davvero tenere sempre ben presente.

@mammafrau  lavora come doula libera professionista direttamente con le madri e le famiglie, è docente nel Master Online in Educatore Perinatale della piattaforma Igea  e collabora con altre professioniste esperte in tematiche pertinenti alla genitorialità, come la Psicologa e Sessuologa Giulia Marchesi  ideatrice di @se4sexeducation in progetti di Educazione Sessuale ed Affettiva per Genitori e in progetti sociali come Mai Più Sola , home-visiting in équipe di professioniste per la prevenzione precoce della depressione post partum. E’ Referente per i laboratori de Il Parto Positivo: Babybrains  basati sulle scoperte neuroscientifiche sullo sviluppo del cervello dei bambini per chiunque si prenda cura di loro. Ha sogni e progetti che si moltiplicano con una certa velocità.

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